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Published On: Maggio 6, 2024

UN’INTERPRETAZIONE MENO MANICHEA DI “GREEN CLAIMS” DEL CONSIGLIO DI STATO:

ANNULLATA SANZIONE AGCM DI 5.000.000€

 

ABSTRACT
Con sentenza del 23 aprile 2024, il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento n. 28060/2019 dell’AGCM (che era stato confermato in toto dal TAR Lazio), con cui era stata comminata ad ENI S.p.A. una sanzione di 5.000.000€ per pratiche commerciali scorrette in relazione alla diffusione nel 2019 di una campagna pubblicitaria “green” avente ad oggetto il combustibile “Eni Diesel +”.
Il Consiglio di Stato ha ammesso la possibilità di utilizzare “green claim” anche in relazione a prodotti di per sé inquinanti (come il carburante), seppur con cautele specifiche, e fornito una interpretazione più ponderata della figura del “consumatore medio” e della sua (in)capacità di valutare la reale portata di green claim.

I PUNTI CHIAVE DELLA SENTENZA
La sentenza è di particolare rilievo perché, nell’accogliere il ricorso della compagnia petrolifera, il Consiglio di Stato traccia una linea interpretativa (anche orientata verso la prossima applicazione della Direttiva UE 2024/825 “Empowering”) molto chiara in tema di greenwashing e claim ambientali e di come essi possano effettivamente essere utilizzati per non fuorviare i consumatori, fornendo le informazioni necessarie che corroborino e giustifichino l’enfasi data agli impatti ambientali di un determinato prodotto/attività imprenditoriale.
Di particolare rilievo è il fatto che oggetto della campagna promozionale sanzionata in un primo momento dall’AGCM fosse un carburante, ossia un genere di prodotto ontologicamente “nemico” dell’ambiente.
È proprio a questo proposito che il Consiglio di Stato fissa un importante principio in termini di comunicazione “green”, smentendo invece l’interpretazione restrittiva dell’AGCM nel suo provvedimento ed affermando che “non può dubitarsi, in linea di principio, della legittimità dell’impiego di claim “green” anche in relazione a prodotti (come nel caso di specie un carburante diesel) che sono (e restano) in certa misura inquinanti ma che presentano, rispetto ad altri, un minore impatto sull’ambiente”.
Superato questo scoglio, il Consiglio di Stato riconosce che il professionista nel caso di specie aveva applicato tutte le accortezze comunicative per far sì che i consumatori di riferimento – nonostante l’uso di espressioni quali “green/componente green/rinnovabile/aiuta a proteggere l’ambiente” – potessero compiere scelte di consumo consapevoli e non fuorviate dai claim utilizzati ovvero che non potessero davvero credere che il carburante in questione non avesse affatto alcun impatto ambientale.
In particolare, nella sentenza in commento è stato stabilito che l’uso dei green claim è: “consentito seppur con l’uso di cautele specifiche rappresentate, essenzialmente dall’impiego di claim “di supporto” (id est messaggi di accompagnamento a quello principale o altri accorgimenti grafici in grado di precisare e contestualizzare l’informazione veicolata a “primo contatto”). Per impedire che si scada in una asserzione ambientale generica detti claims di supporto devono esser particolarmente chiari ed essere legati in maniera immediata (e non nascosta o ambigua) al claim principale”.
A tal fine il Consiglio di Stato ha tenuto conto del fatto che il nome del prodotto non contenesse alcun elemento “green” e che i green claim non si riferissero al prodotto nella sua interezza, quanto ad una sua singola (e ben identificata) componente “green” che corrispondeva al “15 %” del prodotto .
Inoltre, la ricorrente aveva contestato anche la valutazione del profilo del “consumatore medio” di riferimento da parte dell’AGCM. Sul punto il Consiglio di Stato ha evidenziato che nel caso di claim indirizzati a un insieme ristretto di utenti (in questo caso, gli utilizzatori di autovetture diesel), la nozione di consumatore medio deve essere calibrata in senso restrittivo e non invece come aveva fatto l’AGCM individuandola genericamente senza ulteriori limitazioni.
Infine, anche sotto il profilo della veridicità/ingannevolezza dei messaggi divulgati, il Consiglio di Stato fornisce interessanti spunti di riflessione in merito a come i messaggi pubblicitari (non solo quelli connotati da green claims) debbano essere strutturati per non perdere, da un lato, il loro carattere “accattivante” proprio di qualsivoglia messaggio promozionale e, dall’altro lato, per fornire informazioni esaustive in poco spazio e quindi dare il giusto equilibrio tra messaggi principali e informazioni aggiuntive (es. footer/disclaimer). Sul punto nella sentenza si legge:

  • “ferma la veridicità dei dati prospettati (qui non messa direttamente in discussione), il livello di dettaglio che può pretendersi nella loro indicazione va necessariamente contemperato con i caratteri propri di sinteticità e immediatezza di ogni messaggio pubblicitario.
  • Fornire un numero elevato di informazioni aggiuntive a specificazione e differenziazione, oltre a compromettere l’efficacia in termini comunicativi del messaggio, potrebbe addirittura ingenerare confusione nel consumatore.
  • l’impiego di espressioni come “fino a” o “in media”, invero invalse nella prassi pubblicitaria […] non solo non veicolano un messaggio obiettivamente falso, ma neppure fuorviante perché lasciano intendere al consumatore che si tratta di un vanto dalla portata variabile a seconda dei casi e realizzano un giusto punto di equilibrio tra sintesi del messaggio pubblicitario e sua specificità”.

CONCLUSIONI
A mio giudizio, il Consiglio di Stato con la sentenza in commento ha fornito una interpretazione peculiare per la valutazione della decettività di messaggi contraddistinti da green claims e ha espresso un nuovo approccio per la valutazione del profilo del “consumatore medio” e della sua natura di “contraente debole”.
Sta di fatto che per giurisprudenza comunitaria e nazionale costante il “consumatore medio” corrisponde a quello “normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici”, tuttavia sempre più spesso nella prassi interpretativa dell’AGCM il livello “medio” è più prossimo a quello di un consumatore non attento né avveduto, financo “credulone” e con difese immunitarie pari pressoché a zero contro i messaggi potenzialmente ingannevoli.
La sentenza del Consiglio di Stato ci restituisce invece una figura “rafforzata” di consumatore medio il cui livello di attenzione è quasi equiparato alla sua consapevolezza della tematica ambientali: ne consegue che se il consumatore è sempre più attento agli aspetti di tutela dell’ambiente, alle misure adottate dai professionisti per ridurre/limitare gli impatti ambientali dei loro prodotti/dei materiali utilizzati per il loro confezionamento/delle loro attività produttive/imprenditoriali, allora è altrettanto vero che quei consumatori hanno una maggiore capacità di decodifica dei green claim e un grado di attenzione maggiore, che permettono loro di saperne valutare e decodificare con maggiore consapevolezza la reale portata.
Con questa nuova consapevolezza, è più difficile fuorviare i consumatori e allo stesso tempo è sufficiente fornire loro “messaggi secondari” sintetici, in accompagnamento al claim principale, per evitare che possano confondersi.
Non è escluso ed anzi, a mio giudizio, è auspicabile che questo nuovo approccio nella valutazione della figura del “consumatore medio” (il cui profilo non può più prescindere dalla sempre maggiore abitudine a decodificare messaggi molto sintetici diffusi tramite internet, quali banner e brevi stories) venga esteso nella valutazione della potenziale decettività di messaggi promozionali diversi da quelli “ambientali” e relativi a temi su cui i consumatori sempre più prestano attenzione e interesse (es. claim nutrizionali).

 

 

Note

[1] Lo specifico claim era: “il 15 % di Eni Diesel + è rinnovabile, per questo aiuta a proteggere l’ambiente” importando una “significativa riduzione delle emissioni”. È stato altresì evidenziato che “sebbene sullo sfondo della dicitura Eni Diesel+ compaiano simboli che richiamano al green (un sole e altro) vi è, dal punto di vista grafico, un netto stacco con il riquadro (di colore diverso) che reca il claim “green 15 %” e che “tale accorgimento grafico appare sufficiente ad assicurare la riferibilità del l’attributo “verde” solo ad una componente del prodotto e non al prodotto nella sua interezza, a fortiori se si considera che l’immagine è accompagnato claim di supporto in forma verbale che specificano che il prodotto “contribuisce a […] ridurre le emissioni gassose fino al 40 %” e che vi è una “componente rinnovabile prodotta per idrogenazione di oli vegetali”.

 

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