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Published On: Gennaio 26, 2024

LA LEGGE DEL MADE IN ITALY E LE NOVITÀ PER IL SETTORE CULTURALE E CREATIVO

Lo scorso 11 gennaio, è entrata in vigore la Legge del Made in Italy (L. n. 206 del 27 dicembre 2023 – di seguito la “Legge”) recante disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy. Un provvedimento articolato che, fra i numerosi interventi eterogeni contenuti al suo interno, include anche disposizioni in grado di influire positivamente sulla filiera culturale e creativa. Uno dei settori direttamente interessati dal recente intervento legislativo è, infatti, quello culturale e creativo, destinatario di parte dei fondi stanziati dalla Legge.

  1. Gli obiettivi della Legge

Tra i principali obiettivi della Legge vi sono, proprio, la promozione e la valorizzazione, in Italia e all’estero, delle eccellenze produttive e delle bellezze artistiche e paesaggistiche italiane, considerati fattori strategici per la crescita dell’economia nazionale, anche attraverso il sostegno concreto alle istituzioni culturali presenti nel territorio italiano.

Dei 59 articoli della Legge, suddivisi in sei titoli, con questo scritto esaminiamo alcune delle principali novità per il settore delle arti e delle creatività.

  1. La registrazione di marchi per gli istituti e i luoghi della cultura

All’interno del Titolo IV, rubricato “Misure di promozione”, particolarmente rilevante è anzitutto l’art. 22 che riconosce agli «istituti e i luoghi della cultura» la possibilità di «registrare, ai sensi dell’articolo 19, comma 3, del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, il marchio che li caratterizza» ed a«concedere l’uso del proprio marchio a terzi a titolo oneroso». La finalità per gli enti culturali e i musei italiani è duplice: «incrementare la conoscenza del patrimonio culturale e la propria capacità di autofinanziamento».

La norma richiamata (art. 19, co. 3, Codice Proprietà Industriale – “CPI”), prevede in effetti già che «le amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni possono ottenere registrazioni di marchio […]» e che «i proventi derivanti dallo sfruttamento del marchio a fini commerciali, compreso quello effettuato mediante la concessione di licenze e per attività di merchandising, dovranno essere destinati al finanziamento delle attività istituzionali o alla copertura degli eventuali disavanzi pregressi dell’ente».

Tuttavia, fino ad ora l’art. 19, co. 3, CPI, ha avuto una limitata applicazione pratica, anche a causa di un prevalente orientamento interpretativo che considerava incompatibile la disciplina del marchio d’impresa con quella concernente i beni culturali.

In aggiunta, si osservi che la disposizione recentemente introdotta prevede anche la possibilità di concedere i segni registrati in licenza a terzi dietro versamento di un corrispettivo, aprendo, quindi, per gli enti culturali e i musei italiani, nuove possibilità e operazioni commerciali per sfruttare al meglio gli elementi simbolici del patrimonio culturale associati alla loro istituzione, al fine di accrescere la notorietà di cui godono anche a livello globale e generare risorse finanziarie autonomamente.

  1. Nuova disciplina per le imprese e i professionisti della cultura

La Legge definisce inoltre un quadro organico di disposizioni (artt. 25-30), relativo al comparto produttivo culturale che include le imprese e i professionisti della cultura, in particolare i cosiddetti “creatori digitali”, con rilevanti ricadute positive per questa filiera, che era stata finora oggetto di una frammentata e disarticolata regolamentazione.

Per la prima volta, viene delineata in modo chiaro e concreto una definizione di “impresa culturale e creativa”, mutuata da quella utilizzata dalla Commissione europea per “Europa Creativa”, il programma di finanziamenti dedicati alla cultura, così da definire il perimetro delle caratteristiche che contraddistinguono queste realtà produttive.

L’art. 25 individua l’impresa culturale e creativa attribuendo la qualifica:

  • agli enti privati (imprese e società) e ai lavoratori autonomi che svolgono «attività stabile e continuativa» in Italia o nell’Unione europeo o nello Spazio Economico Europeo, purché siano soggetti di imposta passivi in Italia. Le attività individuate sono: «ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione e gestione di beni, attività e prodotti culturali». Tali attività, in forma singola o aggregata, devono essere svolte «in via esclusiva o prevalente». Quindi la definizione fornita dalla Legge si focalizza non sulle attività dichiarate nell’oggetto sociale, criterio che potrebbe risultare eccessivamente generico e suscettibile di ampliare eccessivamente la categoria, ma sulle attività che le imprese effettivamente svolgono, appunto, in via esclusiva o prevalente;
  • ai soggetti privati che, costituiti nelle suddette forme, «svolgono, in via esclusiva o prevalente, attività economiche di supporto, ausiliarie o comunque strettamente funzionali all’ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione o gestione di beni, attività e prodotti culturali».

In quest’ultima categoria rientrano gli Enti del Terzo Settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa (D. Lgs. n. 117/2017, art. 11, co. 2), le imprese sociali, nonché le associazioni e fondazioni che svolgono prevalentemente in forma di impresa, in via esclusiva o prevalente, una o più delle sopramenzionate attività.

Per la definizione di “beni culturali”, la Legge rinvia all’art. 2, co. 2, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs. n. 42/2004), provvede, invece, a definire con “attività e prodotti culturali” i «beni, servizi, opere dell’ingegno, nonché i processi ad essi collegati, e altre espressioni creative, individuali e collettive, anche non destinate al mercato, inerenti a musica, audiovisivo e radio, moda, architettura e design, arti visive, spettacolo dal vivo, patrimonio culturale materiale e immateriale, artigianato artistico, editoria, libri e letteratura».

Disposizione sicuramente innovativa è, inoltre, l’art. 27 che istituisce la figura dei “creatori digitali”, quali «artisti che sviluppano opere originali ad alto contenuto digitale» e prevede un apposito repertorio nel registro pubblico generale delle opere protette, di cui all’art. 103 della Legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941), per tutelare i diritti delle «opere originali ad alto contenuto digitale».

  1. L’albo delle imprese culturali e creative di interesse nazionale e un’apposita sezione presso il Registro Imprese

Significativo è anche il comma 8, dell’art. 25, il quale stabilisce che le imprese culturali e creative dovranno iscriversi in una sezione speciale istituita presso le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA), e l’obbligo per il sistema camerale di trasmettere l’elenco ogni anno al Ministero della Cultura (di seguito il “MIC”). È stato anche istituito un albo presso il MIC che raccoglie quelle imprese che svolgono attività, così significative e rilevanti, da essere considerate di interesse nazionale (art. 26).

  1. Incentivi concreti a sostegno del settore culturale e creativo

Infine, rilevanti sono le disposizioni degli artt. 29-30, il primo dei quali fissa importanti misure concrete di sostegno al settore: per promuovere e supportare gli investimenti che vengono effettuati nel territorio nazionale dalle imprese culturali, il MIC stanzia 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2033. Da ultimo, l’art. 30 prevede la realizzazione del “Piano nazionale strategico triennale per la promozione e lo sviluppo delle imprese culturali e creative”, di concerto tra il MIC, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, sentita la Conferenza tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

  1. Questioni aperte

Gran parte dell’efficacia del nuovo testo normativo è demandata a decreti attuativi che dovranno fornire maggiori specifiche sulle modalità della sua concreta attuazione e su come beneficiare delle agevolazioni introdotte. Tuttavia, è possibile affermare fin da ora che questa Legge, scegliendo di valorizzare e sostenere la filiera culturale e creativa, coglie sfide e opportunità di un settore sempre più rilevante anche sul piano economico.

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