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Published On: Settembre 11, 2023

La Corte di Cassazione si è pronunciata con sentenza n. 20800 del 18 luglio 2023 in tema di retroversione degli utili e calcolo del risarcimento del danno derivante dalla violazione dei diritti di privativa industriale.

In particolare, in un caso relativo alla contraffazione di un marchio (per cui l’articolo 125, comma 3, Codice della Proprietà Industriale (“c.p.i.”) prevede tra gli altri anche il rimedio risarcitorio specifico della retroversione degli utili a favore del titolare del diritto di privativa), la Corte di Cassazione è stata chiamata ad esprimersi sulla risarcibilità del danno cagionato da contraffazione realizzata in assenza dell’elemento soggettivo (dolo o colpa).

Sul punto, la Suprema Corte, ribadendo un proprio precedente orientamento (Cass. n. 21832/21), ha confermato la piena applicazione del rimedio della retroversione degli utili anche in caso di contraffazione incolpevole.

L’argomentazione si basa sulla lettera dell’articolo 125, comma 3, c.p.i. che stabilisce che il titolare del diritto di privativa leso può richiedere la restituzione degli utili in luogo del lucro cessante “in ogni caso”, trovando così inequivocabilmente applicazione indipendentemente dalla dimostrazione dell’esistenza dell’elemento soggettivo.

Ragionando diversamente, infatti, in ipotesi di contraffazione realizzata incolpevolmente il soggetto leso rimarrebbe privo di tutela risarcitoria.

Sempre con riferimento alla tutela risarcitoria in casi di violazione, la Corte ha inoltre ribadito che la retroversione investe il profitto derivato dalla contraffazione anche nella parte in cui esso ecceda il lucro cessante del titolare del diritto.

La tutela in parola risponde a una logica compensatoria e “preventiva”, seppur sempre ancorata alla violazione di un diritto. Infatti, una tutela risarcitoria limitata al quantum del lucro cessante potrebbe indurre ugualmente alcuni operatori economici più efficienti o di maggiori dimensioni a realizzare o perpetrare l’attività di contraffazione – pur considerando l’obbligo di risarcire il titolare del lucro cessante – proprio in virtù della loro capacità di realizzare un maggior profitto rispetto al mancato guadagno del soggetto leso.

Infine, la Corte si è espressa in merito ai criteri da applicare per la quantificazione del profitto oggetto di retroversione.

In particolare, ai fini della restituzione degli utili percepiti dal contraffattore in violazione di un diritto di privativa è necessario individuare il margine di profitto realizzato dal contraffattore, attraverso la deduzione dal ricavo totale dei costi sostenuti connessi all’attività di contraffazione (Cass. n. 8944/20), operazione per la quale l’autore della violazione ha l’onere di fornire elementi desumibili dai bilanci o documenti contabili (Cass. n. 21833/21).

È utile ricordare che l’oggetto della retroversione è limitato al profitto causalmente e direttamente realizzato dall’attività di contraffazione.

Dunque, per esatta individuazione degli utili si intende l’individuazione dei profitti strettamente connessi all’attività illecita. Nel caso in esame, la valutazione era stata svolta senza individuare con precisione i costi incrementali – ossia i costi connessi sostenuti per l’attività illecita – pertanto, gli utili retrovertibili quantificati risultavano diversi rispetto a quelli concretamente realizzati dal contraffattore attraverso la sola vendita del prodotto contraffatto.

Tanto premesso, la Corte ha precisato che la valutazione degli utili – che comunque può essere effettuata in via equitativa – deve sempre compiersi attraverso un calcolo plausibile, ossia attraverso modalità di calcolo dei costi sostenuti compatibili con la liquidazione dei profitti.

La quantificazione (anche se equitativa), dunque, deve espressamente indicare i criteri applicati per la depurazione dei costi incrementali dai ricavi così da quantificare gli utili incrementali oggetto di retroversione.

COMMENTO

Con la sentenza richiamata, la Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto fondamentale, spesso fonte di discussione in sede giudiziaria, sulla natura della misura risarcitoria specifica, che rappresenta un unicum nel panorama risarcitorio civilistico nazionale, della retroversione degli utili, ossia dell’attribuzione degli utili realizzati dal contraffattore indipendentemente dalla mancata realizzazione di utili da parte del titolare del diritto. Le parole chiave della norma sono “in ogni caso”, che da sempre parte della dottrina ha ritenuto come attribuzione necessaria degli utili del contraffattore, alla sola condizione che si provi. oltre alla contraffazione, anche il nesso di causalità tra utili illeciti e contraffazione. Questo comporta, e la Cassazione indirettamente sembra confermarlo, che il titolare del diritto ha come estrema ratio almeno, sempre la possibilità di richiedere questa misura risarcitoria, anche nell’ipotesi in cui non avesse ancora mai sfruttato il diritto di privativa.

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