Marchi di posizionamento: ancora una volta, marchi validi ma deboli
Lo scorso mese di giugno, la Corte di Appello di Milano, rigettando l’appello principale e l’appello incidentale, con sentenza n. 1999/2023 ha confermato integralmente la sentenza di primo grado della Sezione Specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano n. 8845/2020.
Il caso verteva sulla contestazione mossa dalla nota casa di moda Diesel contro l’altrettanto nota casa Calvin Klein in relazione all’introduzione da parte di quest’ultima di una cosiddetta “stripe” (ossia una etichetta/striscia di tessuto) apposta su una tasca anteriore dei pantaloni prodotti da Calvin Klein.
Secondo Diesel, la stripe di Calvin Klein si differenziava da quella oggetto di due marchi di posizionamento italiani, aventi ad oggetto stripe, registrati da Diesel in Italia (dopo anni di uso intensivo sul mercato almeno dal 1988) solo per via del fatto di essere orizzontale (mentre i segni di Diesel sono inclinati), così costituendo contraffazione dei marchi e atto di concorrenza sleale.
In questa sede ci soffermeremo soltanto sulle domande/eccezioni relative ai marchi, fermo restando che la domanda di Diesel relativa alla concorrenza sleale è stata rigettata in primo grado con conferma anche in appello.
Calvin Klein, costituendosi nel giudizio di primo grado (e reiterando l’eccezione anche in sede di appello incidentale), ha contestato la validità dei marchi di posizionamento di Diesel, tra l’altro, per carenza di capacità distintiva, posto che la stripe doveva invece qualificarsi quale mero elemento ornamentale, ampiamente diffuso nel settore di riferimento.
Il Tribunale di Milano ha rigettato l’eccezione svolta da Calvin Klein, stabilendo che la stripe può considerarsi valido marchio di posizionamento “posto che nella sua descrizione particolare evidenza risulta essere conferita sia alla specifica apposizione di esso sulla quinta tasca anteriore di un paio di jeans – indipendentemente dalla configurazione di tale indumento – sia nella particolare posizione della striscia di tessuto rilevabile nell’immagine che appare inclinata rispetto al bordo superiore della tasca sulla quale è apposta” e che “costituisce un aspetto capriccioso e inessenziale, essendo tutelata non la striscia che compone un’etichetta tout court, bensì una sua specifica configurazione indicata sostanzialmente nella posizione sull’indumento e nella sua inclinazione”.
A quanto sopra, la Corte di Appello, rigettando l’appello incidentale di Calvin Klein, ha aggiunto che “senz’altro l’utilizzo sulla quinta tasca di un jeans di un’etichetta comprendente il nome del produttore sia prassi piuttosto comune nel settore di riferimento; tuttavia, non si può affermare che tutti i produttori seguano tale linea” e che “la stripe si caratterizza invece come segno posizionato sempre nella stessa forma e nello stesso punto su un numero indeterminato di modelli diversi dello stesso prodotto. Un segno di questo tipo “può essere percepito dal consumatore, anche dal più avveduto e smaliziato, soltanto come segno distintivo, come marchio”, così confermando la validità dei marchi registrati da Diesel.
Se da un lato, quindi, i marchi di posizionamento di Diesel sono stati considerati validi, dall’altro lato, la domanda di contraffazione è stata rigettata in primo grado e in secondo grado.
In particolare i giudici hanno ritenuto che l’unico elemento distintivo del marchio di posizionamento “stripe Diesel” fosse il suo “orientamento diagonale”, mentre, le restanti caratteristiche, anche tenuto conto della descrizione del marchio nei certificati di registrazione, non sono state ritenute rilevanti, anche per “evitare un’indebita e indefinita estensione della tutela”.
Di conseguenza, tenuto conto del fatto che la stripe di Calvin Klein è apposta sui pantaloni sempre in orizzontale, essa non è stata ritenuta confondibile con la stripe diagonale di Diesel. A quanto sopra, la Corte di Appello ha aggiunto che, anche in base ad un esame dell’impressione di insieme data dai segni, deve essere escluso il rischio di confusione per i consumatori di riferimento, tenuto conto del fatto che la stripe Calvin Klein presenta caratteristiche (di effettivo posizionamento e scelte cromatiche della stripe rispetto a quelle del pantalone su cui è apposta) diverse da quella Diesel e soprattutto tenendo in considerazione che all’interno della stripe di Calvin Klein è sempre stampigliato l’elemento denominativo “Calvin Klein” – elemento che permette ai consumatori (ritenuti avere un grado di attenzione alto, per via del fatto che i capi in questione sono di alta gamma) di distinguere le fonti dei prodotti.
Da quanto sopra, si può confermare che i marchi di posizionamento, benché “marchi non tradizionali”, possono essere ritenuti valido nella misura in cui siano ben descritti nel loro oggetto, corrispondano a segni effettivamente distintivi e non a meri elementi ornamentali dei prodotti, il cui uso non deve essere invalso sul mercato. Allo stesso tempo, è sempre complesso ottenere tutela per i marchi di posizionamento, perché “marchi deboli” e per la cui contraffazione è necessario che i segni contestati presenti un grado di somiglianza molto elevato (tanto in termini di posizionamento quanto in termini di somiglianza visiva complessiva).